
Sofia Muratore, protagonista di Sofia si veste sempre di nero, è una donna complicata, ricca di sfumature e contraddizioni, con un bagaglio troppo grande sulle spalle per essere osservata e raccontata da una sola voce, da un’unica prospettiva. Ovviamente questo Paolo Cognetti lo sa benissimo e si trasforma in tessitore creando, attraverso l’intreccio di dieci racconti, un arazzo variopinto e speciale.
Perché speciale?
Perché al lettore, pagina dopo pagina, viene data la possibilità di unire tessere di puzzle, di farsi interprete, di comporre una personale immagine di Sofia attraverso la narrazione di episodi della sua infanzia, dell’adolescenza e della giovinezza, ma anche grazie a retroscena sulla vita dei genitori e della zia Marta, allo sguardo di amiche, ad occhi innamorati che la osservano muoversi per il mondo.
I temi toccati sono tanti, ci sono la solitudine, la famiglia, la depressione, l’incomprensione, l’amore, l’amicizia, la rinuncia, la perdita, la malattia e il dolore. La sofferenza e la fatica del vivere emergono in modo schietto, crudo, senza tanti giri di parole, ricalcando l’impulsività del pensiero e dell’agire. All’amarezza e alla tristezza vengono in soccorso l’ironia, la dolcezza, la fragilità, la voglia di riscatto e la ricerca rabbiosa di felicità.
Un romanzo che, servendosi di una scrittura lieve e scorrevole, mette in scena le profondità dell’animo umano, creando, tra il lettore e i personaggi di carta, empatia, complicità e affetto.